Quando Al Shabab una settimana fa ha diramato l’ordine alle donne di vestire come minimo col velo, un motivo c’era: potersi travestire da donna col burqa e circolare indisturbati per Mogadiscio a piazzare le bombe che ormai quotidianamente spargono la morte tra la popolazione.
Uno di questi travestiti è stato preso assieme ai mujaheddin con i quali era in relazione. Ma nessuno teme per la vita dei componenti della cellula terroristica, troppe essendo le connivenze di Al Shabab all’interno della compagine governativa che ormai sono sempre più evidenti.
Nell’ultimo attentato all’interno di Villa Somalia di venerdì della scorsa settimana, dopo lo scoppio delle due autobomba ad uno degli ingressi, i terroristi hanno potuto entrare nel compound fingendosi soldati dell’esercito somalo che si ritiravano dalle mura dopo le esplosioni perché indossavano le divise, avevano i tesserini ed impugnavano le armi dell’esercito.
Così nessuno li ha fermati ed hanno potuto penetrare sino alla moschea del Presidente Mohamud uccidendovi due alti dirigenti dello Stato. Poi, nella ritirata, sono stati uccisi e si è avuta cura di sparargli il colpo di grazia in faccia per evitare che venissero riconosciuti.
Alcuni di questi, infatti, appartenevano ai Rohan, la polizia politica che fa capo a Damul Jadid i cui esponenti di vertice siedono affianco al Presidente Mohamud nel governo dello Stato.
E’ questa l’aperta conferma del rapporto del Monitoring Group pubblicato lo scorso 6 febbraio sull’anagrafe delle armi cedute alla Somalia dai Paesi abilitati: dei quattro depositi di Mogadiscio, i controllori sono stati ammessi a visitarne uno solo ed vi hanno trovato grande disordine sui registri mentre prove inconfutabili sono state raccolte, sia circa la cessione di armi a specifici clan per appropriarsi di territori a scapito di altri clan, sia di cessioni di armi proprio ad Al Shabab, sia di vendita di armi dello Stato perfino al mercato nero.
Questo destino delle armi consegnate allo Stato somalo è lo stesso dei fondi versati dai Paesi donatori: scomparsi gli uni dalle armerie e gli altri dalla contabilità, senza che nessuno sappia spiegare come e perché. Anzi, quando una contabilità emerge, getta nello sconforto: dalla sua elezione nel settembre 2012, il Presidente Mohamud, secondo la stampa somala, ha fatto 36 viaggi all’estero spendendo 5,4 milioni di dollari: una media di 150.000 dollari a viaggio.
La colpa di queste ruberie ricade interamente sul vertice dello Stato risultato incapace perfino di tenere i più elementari registri con le due colonne delle entrate e delle uscite. Una perdita di credibilità delle istituzioni che condanna la Somalia ad un destino di inaffidabilità e di instabilità.
I fondi degli aiuti non sono illimitati. Le crisi nel mondo si susseguono e richiedono ingenti interventi della comunità internazionale che non è un pozzo senza fondo.
La Somalia deve avere uno scatto di dignità. I Deputati avevano dato la fiducia alle istituzioni della post transizione contando sulla promessa di un nuovo modo di governare che, invece, non c’è stato e i vecchi vizi sono rimasti e perfino peggiorati.
E’ ora di tirare le somme e chiedere al Presidente Mohamud il rendiconto di un anno e mezzo di gestione dissennata degli aiuti internazionali, delle armi – che, destinate alla sicurezza, hanno invece aumentato l’insicurezza – e delle speranze dei somali di tutto il mondo.
Da Shukri Said
Isha Ku Hay Allgalgaduud Media
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